Top Mobile Campaign di @Pietro_colella

I device mobili godono di un’altissima diffusione in tutto il mondo dove esistono circa 5 milioni di telefoni cellulari, pari al 72% della popolazione mondiale. In Italia il successo del mobile web è stato determinato dalla crescente diffusione di smartphone, delle tariffe flat e dallo sviluppo delle reti di terza generazione. Oggi si assiste a una specializzazione delle attività di marketing che puntano a migliorare l’efficienza delle varie azioni lungo le fasi che compongono il processo di acquisto del consumatore. La definizione di una strategia multicanale è fondamentale e si basa su 3 elementi chiave: la strutturazione dei divesi canali e infrastrutture, la definizione dei contenuti e l’identificazione dei diversi contesti di partecipazione.

Quelle che seguono sono una serie di campagne che hanno ottenuto grande successo proprio perchè chi le ha realizzate è riuscito a creare il giusto connubio tra questi elementi.

App Game

La campagna multimediale di Refin Ceramiche è stata premiata per ben 2 volte (Best Innovation e Best Engagement, potete trovare qui maggiori info) agli Italian Mobile Advertising Award (qui il sito ufficiale). L’applicazione, disponibile per iOS e Android, permette di trasformare le immagini combinando le 4 famiglie di colori e le diverse dimensioni del prodotto ceramico. Le foto realizzate possono essere condivise sui vari social network e potevano partecipare ad un concorso che permetteva ai vincitori di esporre le proprie immagini al Fuorisalone di Milano dal 17-22 aprile.

L’applicazione, che si rivolge sopratutto ad un pubblico attento alle tematiche dell’arredamento, dà spazio alla fantasia mediante la ricerca delle combinazioni migliori tra colori e le dimensioni del mattoncino.

Intel ha deciso di investire in maniera massiccia sul mercato australiano. Il target principale sono i soggetti di età compresa tra i 18 e 39 anni con una buona attitudine verso l’informatica. L’80% di questi soggetti utilizza lo smartphone e lo fa anche al lavoro per chattare e condividere informazioni. L’azienda, quindi, ha realizzato un portale mobile (in HTML5, quindi multipiattaforma) che contiene 4 minigiochi: musica, gaming, video, design allo scopo di aumentare l’engagement in relazione agli interessi dei diversi soggetti.

L’ obiettivo finale è quello di far sperimentare al consumatore una entusiasmante esperienza visiva grazie a Intel e ai suoi microchip di seconda generazione. I minigiochi si compongono di una serie di livelli sempre più difficili e l’utente può condividere sui socialnetwork i suoi score.

Un caso sicuramente interessante è quello di Heineken. Recenti ricerche (Pini, Noci in Mobile Marketing) dimostrano che sempre più persone utilizzano i device mobili contemporaneamente con altri mezzi di comunicazione, ad esempio la televisione o la radio. È proprio questo il fulcro dell’applicazione Star Player

Il funzionamento è intuitivo: l’utente, registrandosi, può fare delle scommesse live semplicemente cliccando. Si può scommettere sull’evento gol nei 30 secondi successivi al click, sull’esito del calcio d’angolo o del calcio di punizione, sulla direzione nella quale verrà battuto il calcio di rigore. Tutto ciò avviene “one-click”. Nei momenti di minore foga agonistica durante la partita, vengono proposti dei quiz che permettono di guadagnare altri punti. Il giocatore può sfidare tutti nella classifica globale oppure può creare una lega personalizzata tra amici. Ritengo questa iniziativa veramente geniale: viene sfruttata completamente la multicanalità, incrodiando online e offline. La birra durante la partita è un must per tutti gli appassionati, l’applicazione aumenta l’engagement creando una sfida all’interno della sfida principale, cioè la partita. Tutto il resto vien da sè!

QR Code

Negli ultimi periodi si assiste ad una crescita nell’impiego dei QR Code all’interno delle campagne di comunicazione. Se pensavate che il boccale di Guinness Nera fosse l’idea dell’anno. Lo Shadow QR Code creato in Korea per Emart non è da meno. Durante l’ora pranzo, precisamente nella fascia oraria dalle 12:00 alle 13:00 i supermercati sono semi deserti. Un modo per portare le vendite a livelli normali è quello di dare al consumatore un’esperienza unica durante le ore di pranzo.

È stato creato un un QR Code a grandezza d’uomo che è utilizzabile esclusivamente nell’ora di pranzo. Chi riesce a fotografarlo viene automaticamente proiettato nel “Sunny Store” dove sono disponibili una serie di sconti e un buono di 12dollari utilizzabile esclusivamente durante quell’orario. La semplicità dell’idea sta nel fatto di non portare i clienti nel negozio, ma di stimolarli all’acquisto con una esperienza nuova e forse unica.

Realtà Aumentata

Spesso si assiste all’utilizzo congiungo di QR Code e Realtà Aumentata. C’è un’applicazione che ha vinto 4 leoni d’oro al Cannes International Festival Of Creativity, un Bronze Titanium e un Integration Lion. L’applicazione realizzata per iOS sfrutta la realtà aumentata ed è stata creata per reclutare degli studenti di medicina degni di avere una borsa di studio alla Defence Force University nel ruolo di Medical Officer. Gli utenti devono prima scaricare dell’applicazione “Mobile Medic”. Su 3 poster ci sono 3 pazienti da analizzare; inquadrandone uno con il loro device possono esaminarlo con diverse tecniche (TAC, raggi X, angiografia, stetoscopia, ECG e ultrasuoni) al fine di fornire una diagnosi complessiva, a questo indirizzo è possibile provare l’esperienza online.

Dopo aver effettuato la diagnosi gli studenti possono comunicarla all’applicazione inserendo i propri nominativi. I migliori vengono poi scelti per partecipare alle selezioni per la borsa di studio. Engagement ed esperienza di gioco sono il punto di forza di questa applicazione

Un altro caso è quello della Coca-Cola in Brasile. L’azienda è riuscita a realizzare un’applicazione che mostra una notevole coerenza con le necessità dei consumatori e le caratteristiche del brand. La campagna si rivolge ai giovani brasiliani, provenienti dalla classe media emergente, grandi utilizzatori di telefonini ma che non possono permettersi un piano dati soddisfacente: oltre l’80% del target utilizza infatti un telefono prepagato. L’utente, previo download dell’applicazione, inquadra il distributore di felicità. Dopo aver premuto la leva con un telefono cellulare, esso si connette tramite Wi-Fi al browser Coca-Cola, e fa il pieno di traffico dati. 20 megabyte sono “20 litri di felicità” che possono essere utilizzati per i Social Network, per la radio e per le previsioni del tempo. Naturalmente, si può tornare per ulteriori ricariche.

L’iniziativa è stata testata in una spiaggia di Copa Cabana e poi realizzata sull’ “Happiness Truck” dove era anche possibile vincere dei gadget marchiati Coca-Cola. Questa campagna è geniale in un mercato in via di sviluppo come quello brasiliano e colpisce molto come inserendo un nuovo “elemento tecnologico” i creatori siano stati in grado di mantenere una certa coerenza.

Poco tempo fa è stata lanciata l’iniziativa della Wonderbra che mescola l’utilizzo di QR Code e la Realtà Aumentata. Per tutto ottobre e novembre nelle varie città inglesi sarà facile vedere cartelli pubblicitari come questi.

Quello che colpisce immediatamente è che una pubblicità di intimo presenti una donna, la modella ventunenne Adriana Cernanova, completamente vestita. Il QR Code in basso contiene il link per scaricare l’applicazione disponibile su Android e iOs dal nome Wonderbra. Inquadrando l’immagine è possibile vedere, grazie alla realtà aumentata, cosa c’è sotto. È stata aumentata anche la portata virale dell’azione di comunicazione permettendo sia di condividere sui social network la propria esperienza, sia di utilizzare l’applicazione anche con un video direttamente sul computer, il link qui . In questo caso pare che la realtà aumentata funziona con l’audio del video. La presenza di un mini catalogo all’interno dell’applicazione non è uno strumento di call-to-action ma semplicemente è in coerenza con lo scopo dell’applicazione cioè quello di mostrare ai consumatori i prodotti wonderbra in un modo diverso dal solito, senza recarsi in negozio, cosa che spesso imbarazza gli uomini.

Geolocalizzazione

La catena di ristoranti Buffalo Wild Winds ha combinato la geolocalizzazione con la gamification. Taggandosi nei propri punti vendita, i consumatori potevano partecipare, grazie ai loro devices, a mini giochi che avevano come premio menù, bevande ed un viaggio. Le proposte che venivano fatte ai consumatori erano legate al mondo dello sport, in quanto la catena è riferita a quel target. L’obiettivo era quello di generare media buzz e di migliorare il ristorante rendendolo in posto dove è anche possibile divertirsi con gli amici e, perché no, vincere dei simpatici premi. I consumatori venivano invogliati a giocare grazie alla cartellonistica, ai flyer sui tavoli e a mini spot nel circuito televisivo del locale. I player guadagnavano punti vincendo le varie sfide, sharando i propri risultati, le proprie immagini e sbloccando badge. I punti ottenuti davano diritto a dei reward concreti: 3 punti per un buono sconto di 5 dollari, 20 punti per una coca cola gratis e 30 punti per elette di pollo gratuite. I risultati ottenuti sono stati strepitosi, qui potete trovare un riassunto.

GranataPet Snack è un’azienda che produce cibi per cani che ha deciso di realizzare una campagna che integra geolocalizzazione e affissioni. I consumatori sono più attenti alle esigenze del proprio cane quando si trovano insieme ad esso, quindi il momento migliore è la passeggiata giornaliera. I potenziali consumatori quando passano avanti all’installazione di GranataPer vengono attratti dallo slogan “Check in! Snack out!”. Se fanno il check-in su Forsquare il dispenser inferiore eroga i nuovi croccantini per il cane che può liberamente mangiarli.

Prossimità

L’utilizzo delle tecnologie per realizzare campagne di prossimità è, al giorno d’oggi, ancora troppo limitato. Generalmente per realizzare queste campagne si utilizzano antenne Bluetooth oppure RFID. I primi risultano attualmente sconvenienti per una serie di motivi. I costi sono elevati se rapportati alla copertura che hanno i ripetitori, in media una decina di metri, anche se si può arrivare a 100 ma con costri elevatissimi. E’ possibilie, sfruttando le onde radio, scambiare file multimediali però è necessario che chi riceve accetti la connessione e rimanga nei pressi dell’antenna finchè non è stato ultimato il trasferimento. E’ quindi complesso generare formati audiovideoimmagini che siano compatibili con tutti i telefonini (ce ne saranno decine di migliaia in circolazione. Ancora, i dispositivi Apple comunicano solo tra di loro e non con altre fonti bluetooth, quindi scegliere tale tecnologia significa tagliare fuori una buona fetta di consumatori. Per ultimo, questo canale di comunicazione viene spesso utilizzato per azioni call-to-action, piuttosto che per fare branding. Questo non vuol dire che non lo si possa fare però case study dimostrano che inviare uno sconto promozionale via bluetooth ad un utente per invitarlo ad entrare nel negozio risulta più efficace che inviare altri tipi di messaggi. Per ciò che concerne la tecnologia RFID si possono citare alcuni esempi a livello internazionale. Ad esempio Facebook alla F8 Conference ha distribuito delle tessere speciali dotate di RFID. Dopo aver collegato il proprio profilo alla tessera, l’utente, poteva fare check-in o mettere Mi Piace semplicemente strisciando la tessera sui vari punti di interesse e condividere le proprie attività, sotto potete vedere come diventa semplice tracciare il percorso che hanno svolto i singoli soggetti.

Al MotorShow di Bologna, Opel ha realizzato una campagna utilizzando i RFID. L’utente doveva prima ritirare la tessera RFID dal padiglione Opel in modo da linkare il proprio profilo. Successivamente aveva la possibilità di esprimere il proprio like sulle vetture, postare contenuti e foto, aggiornare il proprio status.

Gestire il cliente, il caso @Facebook

 Edit: 11/05/2012

Facebook ha risolto la situazione e abbiamo recuperato pienamente la nostra operatività. Qualche dettaglio in più lo trovate qui

Cari amici quella che segue è una case history che non vorrei raccontarvi. A mio avviso supera tutti i casi, conquistando il podio della peggiore assistenza al cliente e distanziando qualsiasi customer care, bislacco CRM o buffa strategia SocialCRM.

Ci tengo a dire che scriviamo questo post non solo per descrivere un’assurda realtà ma anche per ricevere dalla rete, da voi: un pò di supporto, consigli, critiche e punti di vista anche perchè probabilmente i vostri share a questo post cambieranno la situazione. O forse no.

Gli attori di questa storia siamo noi (io e alessandro) e Facebook.

Prequel.

Da qualche anno ci occupiamo di social media (..magari vi è sfuggito 🙂 ) e come ogni agency mettiamo in molti progetti un boost più o meno importante di advertising, diviso per lo più in Facebook Ads, Google AdWords e display. Credo sia scontato dire quanto le campagne di FB siano rilevanti per noi, per i nostri progetti e per i nostri clienti.

Veniamo al punto: ci siamo trovati di colpo con tutti gli account di Facebook ADS chiusi senza preavviso. Nonostante avessimo campagne avviate da mesi, budget stanziati dai clienti e obiettivi da raggiungere.

Totalmente chiusi e senza alcuna possibilità di recuperare dati, campagne e alcun tipo di informazione riguardante il nostro account aziendale di Facebook ADS.

Per noi è una situazione gravissima. Gran parte del lavoro della nostra azienda si basa sul Facebook Advertising. Non poter accedere ai nostri account paralizza completamente la nostra attività.

Panico, ragioniamo, panico, ragioniamo. Il link verde “Accedi” ci guida verso un form di richiesta di informazioni: un paio di campi da compilare e un form aperto dove spiegare il problema. Passano poche ore e la risposta che ci riceviamo è questa:

  • Armi da Fuoco? Munizioni? Pistole!??! Considerando che l’ultima “pistola” che ho postato su Facebook viene da un RSS di Pinterest, mi chiedo se probabilmente Vince SenzaCognome delle Risk Operations s’è sbagliato.
  • Inoltre Vince dice che ci ha avvisato varie volte prima di bannarci, dopo controlli alle nostre caselle mail: ricevute, spam, bulk, vi assicuro che nessuna notifica ci è mai stata inviata. (al contrario tutti i messaggi di campagne pubblicitarie approvate e statistiche su pagine sono arrivati regolarmente.)

Ecco la case history inizia proprio da qui. Da quell’antipaticissimo “This decision is Final”.

La via Americana.

La via americana prevede di seguire le regole, sempre, così tutto funziona.

Per cui :

1. Rispondiamo alla mail di Vince ma non otteniamo alcuna risposta a breve. Vince ce l’ha appena detto “This decision is Final”.

2. Cerchiamo informazioni all’interno del Centro assistenza di Facebook ma ovviamente il nostro caso non è standard, l’intero centro assistenza è inutile, per noi.

3. Seguiamo le indicazioni del Centro Assisenza e ci rivogliamo al creativo forum della comunità di Facebook ma non troviamo soluzione. Laggiù gli utenti hanno problemi differenti dal nostro come ad esempio:

ai sig.di fb:perchè nn riuscite a togliere questo facebook rosa che ormai è diffuso nel web????

o come

COME FACCIO A TOGLIERE FACEBOOK ROSA

4. Probabilmente non è il web il posto giusto per risolvere un problema B2B, cerchiamo contatti, numeri di telefono ufficiali. Non troviamo assolutamente nulla. Tornando nel centro assistenza e clikkando su ogni pagina, l’unico spiraglio che  troviamo è a questo link: una nuova form di richiesta informazioni.

Spieghiamo il caso, spieghiamo che veniamo in pace, che non abbiamo armi, che abbiamo visto almeno due volte Kony2012 e che tanto meno abbiamo mai creato campagne di questo tipo. L’unica cosa che otteniamo è una mail automatica di risposta e poi… il Nulla. Inizio a sentirmi sempre più ATREIU.

5.  Le pagine del centro assistenza ci consigliano di seguire questa pagina, ma nemmeno questa ci permette di parlare con Facebook.

6. Il nostro avvocato ci aiuta a scrivere una lettera, ma il problema è trovare un referente a cui mandarla. Tutti gli indirizzi email che si trovano online (info@facebook.com, warning@facebook.com, login@facebook.com, disabled@facebook.com, privacy@facebook.com, support@facebook.com, appeals@facebook.com) attivano una risposta automatica.

Sul sito non ci sono indirizzi di posta fisica. È una scatola chiusa: l’azienda meno social al mondo.

La via Italiana.

1. Troviamo un articolo in cui si dice che, nel 2009, Facebook apre una sede italiana, appositamente per seguire gli inserzionisti. Ottimo! Di sicuro c’è qualcuno che ci darà una risposta.

All’italiana, cerchiamo di capire se qualche amico ha un amico che lavora da quelle parti. C’è un social network apposta per questo, si chiama Linkedin.

Infatti in un paio di passaggi riusciamo ad avere due nominativi e un paio di email, una di un conoscente diretto e l’altra di un contatto lavorativo. Scriviamo alle due mail e descriviamo la situazione con dovizia di particolari.

Una delle due email non riceverà mai risposta. L’altro contatto ci chiede di scrivergli alla sua mail @fb.com, e chiarire ulteriormente la situazione. Anche qui, nessuna risposta.

2. Troviamo l’account Twitter del Country Manager di Facebook Italia, lo menzioniamo in un tweet pubblico di lamentela. (scopriamo di non essere da soli, e che anche altre persone hanno problemi come noi).

Riceviamo risposta in privato dal CM, entro poche ore. Il CM è gentilissimo e, nel giro di poche mail, sostanzialmente ammette che i nostri account sono stati chiusi per errore.

3. Nel frattempo, continuiamo a ricevere email automatiche dal fantomatico Vince Senzacognome, che dicono: “La nostra decisione è finale. Non scriveteci più”.

4. Non possiamo nemmeno aprire un altro account, con un altro nome. La nostra carta di credito aziendale l’account di PayPal di Alessandro sono stati blacklistati.

5. Quando tutto ormai sembra essersi messo al peggio, riceviamo una nuova mail dal CM. Grazie al suo aiuto, in un paio di giorni (una settimana da quando ci siamo trovati bannati), almeno 1 dei nostri 3 account torna ad essere utilizzabile!

Per riattivare i restanti due account il CM ci consiglia di scrivere a un nuovo indirizzo @fb.com dal quale però, ad oggi, non abbiamo più avuto risposta.

Osservazioni random.

  • Assurdo che la via italiana abbia dato risultati e la via americana no. Fa riflettere.
  • Assurdo che Facebook sia il “padre” di tutte le buzzword contemporanee: engagement, social crm, social business e tante altre, ma al suo interno sembra essere le poste italiane anni 80.
  • Assurdo che un’azienda chiuda i rapporti con un cliente senza la benchè minima possibilità di dialogo. Questa è la cosa più inconcepibile di tutte, ancor più a fronte di anni di collaborazione e migliaia di euro di rapporto.
  • Assurdo che per risolvere un problema con Facebook l’unica via ci è stata offerta da Twitter e Linkedin.
  • Assurdo che all’interno di  Facebook abbiamo trovato solo una persona – estremamente gentile – disposta ad ascoltare e approfondire
  • Assurdo per un azionista: le mie azioni, sono di un azienda che come primo fine ha creare valore?
  • Assurdo il tono delle risposte di Vince è il “This decision is final” opposto alla tagline “Connettiti con gli amici più rapidamente, ovunque tu sia”
  • Assurdo che 2 account su 3 siano ancora disattivati.

Vieni al social business forum!

Questa è stata la nostra storia.

La vogliamo condividere perchè oggi la maggior parte delle giovani agency, delle startup e di molti altri nuovi business nasce e si appoggia proprio a Facebook.

Rifletti: come potrebbe essere il tuo business se domani mattina Facebook ti togliesse l’amicizia?

Vi invitiamo a condividere il post, commentare o a parlarne di persona: domani siamo al social business forum e teniamo un talk dal titolo “Facebook is (almost) dead?” alle 17:00 a Milano!

 

Uncle Pear

Oggi abbiamo finalmente lanciato il nostro progetto principale: Uncle Pear!

Concentrando l’esperienza accumulata in questi anni in ProjectGroup e aggiungendo al team nuove super teste della rete, oggi, siam pronti per uscire allo scoperto 😉

In questo periodo stiamo conoscendo sempre più persone che come noi credono in un futuro un pò più… mmm … direi “semplice” dove la tecnologia, le TLC ed il web sono strumenti di business al pari di una penna, un blocco note o un xls (!).
Per questo penso ad un organizzazione nuova che sia capace di studiare di volta in volta soluzioni differenti, migliori, più facili e al passo con i tempi.

Per ora basta così, qui i link per il sito/portfolio, twitter e facebook!

-“imparo imparo imparo
Golden Boy come Kintaro

Re: Nuovi Media Nuove Persone – Il dolce di lusso (b2c)

Qualche mese fa annunciavo su questo blog la mia partecipazione al Master “Nuovi Media e Nuove Persone” tenuto dall’Accademia S.Giulia di Brescia.
E’ stata un’ottima esperienza grazie alla quale ho avuto modo di poter lavorare con nomi “della rete” del calibro di Domenico Quaranta e Marco Cadioli – fin ad ora incontrati solo sulle pagine della mia vecchia tesi . La maggior gratificazione mi è arrivata però dal veder crescere in esperienze e competenze una ventina di professionisti passati da un utilizzo del web di tipo strumentale ad una più profonda conoscenza delle dinamiche di rete.

Durante i 3 corsi che ho avuto modo di tenere: Social Network base, WebMarketing base ed avanzato, ho proposto ai corsisti di seguire 4 casi aziendali: di svilupparli, analizzarli e per proporne idee e soluzioni. Un social network , ning, ci ha aiutato a collaborare, scambirci link, informazioni, commenti ed ad organizzare il lavoro dei 4 gruppi da 5 studenti.

In questa mini serie di post intendo raccogliere le presentazioni ed il lavoro svolto dai diversi gruppi su questi “casi studio”.  Ma andiam con ordine…

il caso b2c – il dolce di lusso

il gruppo formato da Angela Iussig, Francesco Raucci, Giacomo Lamperti, giorgio merigo ed Elena Cecchini, si è trovato ad affrontare un caso b2c molto particolare: affermare sull’online un brand destinato ad un mercato food/luxury con un budget, messo a disposizione per il solo online (social media), di 7000€.
Il loro lavoro ha definito il cliente e i suoi bisogni, il prodotto, il target ed i profili, le linee grafiche e la corporate image. Hanno inoltre pianificato una strategia di posizionamento a 360 gradi che ha riguardato un blog, un sito ed alcuni social media. Cuore del progetto una strategia di buzz generata da un viral video (prevista una serie) che ,nei piani, porterebbe la rete ad interessarsi prima al video, poi a ricercarne i particolari in esso contenuti ed infine a scoprire il sito/blog del prodotto. Una strategia/comunicazione dal sapore noir probabilmente molto vicina alle aspettive ed al target di un lussuosa “cena con delitto”.

il nome scelto per il prodotto/brand è stato Complice.

segue il video ..

e alcuni screenshot ..

RE: I pilastri dell’Enterprise Generated Content – seconda parte

Continua dalla prima parte.
Gli interventi successivi alla presentazione dello studio hanno illustrato diversi casi aziendali riporto di seguito i più interessanti:

Barilla – Continua l’azione di Barilla attraverso i social media, ottiene ottimi risultati dal progetto il mulino che vorrei raccogliendo centinaia di idee su prodotti, promozioni, confezioni etc.
Queste idee vengono valutate e messe in produzione dall’azienda, l’esempio proposto al pubblico presente in sala, riguarda la la promozione “sorpresine” richiesta a gran voce dalla rete. Barilla risponde alle domande rilanciando la medesima promozione ormai non più utilizzata da tempo ed aprendo un blog dedicato.
Alcuni prodotti come pan di stelle o Alixir Regularis
hanno intere campagne veicolate tramite i social media e strumenti 2.0, per Alixir ad esempio si è scelto di sponsorizzare il MomCamp 2009 e di
distribuire un campionario di tutta la linea di prodotto ad alcune
mamme-blogger, ricercandone così le reazioni.
L’intervento si conclude con la presentazione de “i diari del mulino” – una piattaforma di blogging dedicata ai cosumatori sia per la lettura che per la produzione di contenuti.

Purina – racconta la sua PetPassion.tv piattaforma corporate & social allo stesso tempo. Petpassion raccoglie diversi contenuti originali capaci di catalizzare l’attenzione del proprio target – ad esempio l’esperto risponde propone video-risposte di alcuni veterinari a domande poste da clienti purina. Blog, video, foto, forum, promozioni e contest alimentano il resto del network.

Telethon – racconta la sua web marathon tv, quest’anno lanciata in via sperimentale in concomitanza con il programma tv. La web tv viene raccontata come “una buona esperienza per telethon” nonostante non abbia generato grandi introiti.

Ninja Marketing – presenta una top 10 dei casi negativi sui social media , 10 storie che raccontano quanto la presenza di un brand sui socialmedia sia argomento delicato e mai scontato. Fra cattivi posizionamenti, buffe storie di dipendenti e clienti non contenti del prodotto i consigli di ninja marketing a riguardo sono:

  1. Il social media marketing è un dialogo aperto e trasparente
  2. Ascoltare la voce diretta dei propri ascoltatori
  3. Dare rispetto ai social media come ad ogni altro canale
  4. Non lanciare su social media un prodotto o servizio povero di qualità
  5. Comprenderne i rischi ed i benefici

Lush – propone il suo caso, leggermente differente da quelli presentati in precedenza, l’azienda infatti non sembra avere programmato una definita strategia sui social media, ha lasciato che questa si consolidasse in modo consequenziale  al sentimento degli operatori e clienti di lush. Scrivo questo perchè ad eccezione di un forum aperto da Lush nel lontano 1998 e tutt’ora molto utilizzato, il resto dei gruppi facebook, pagine, twitter etc sono gestiti direttamente dai punti vendita sparsi sul territorio.