Hai fatto un disco bello ma nessuno lo ascolta? Leggi questo e diventa Snoop.

 

Ultimamente mi è capitato di lavorare su alcuni progetti musicali e televisivi. Da anziano appassionato di musica, di hiphop, non potevo che desiderare altro: unire il mio lavoro alla mia passione.

Devo dire che ho fatto – e sto facendo –  molta difficoltà a separare il cuore dalle orecchie e il cervello dal portafoglio. In altre parole muoversi nel mondo della musica è davvero complesso. Le marginalità sono schiacciate, la filiera lunga, l’offerta tanta (troppa forse), il pubblico (nostalgico della gloriosa guerra underground vs mainstream) non paga. Infine, la qualità del prodotto (ecco la parte soggettiva, di cuore e orecchie..) è spesso altalenante.

Per cercare di consigliare al meglio le persone con cui lavoro, ho deciso di chiarirmi le idee appuntandomi i principali modelli di business e di comunicazione della musica.

Come sopravvive la musica oggi?

Musica Televisiva

È forse il modello di business più evidente oggi. È il mix di tv, reality show e contratti della major a scatola chiusa. Il fatto che una major proponga degli accordi ancora prima di conoscere i cantanti (o i vincitori del concorso) a mio avviso – da fan boy con le orecchie – fa riflettere alla qualità del prodotto finale. Di esempi ce ne sono tanti: TheVoice / Sony Music / Suor Cristina oppure XFactor / Universal, etc..

Questi prodotti, sempre a mio avviso, durano una stagione e faticano a creare delle carriere durature. Non ne conosco i dettagli ma a livello di ritorni economici immagino possano coprire i costi e assicurarne i margini per tutto il primo anno di lancio dell’artista.

Se vuoi cimentarti in questo, cerca la prossima selezione degli artisti vicino a casa tua.

Una foto pubblicata da @betone in data:


Questo sono io con Suor Cristina a The Voice Of Italy

Internet & Music Stars

Le internet stars: o meglio le Facebook Star e gli YouTuber, sono tutte quelle persone, che tu – adulto – non conosci. Sono giovani (per lo più) che mettono online un video al giorno e che magicamente ottengono centinaia di migliaia o milioni di views. 


In realtà non c’è nulla di magico. Le internet stars hanno capito molto bene come funziona la comunicazione online: hanno ereditato i contenuti (o meglio l’assenza di essi) tipici della TV e li hanno adattati ai tempi di internet. Nello stesso modo le vecchie agenzie che gestivano tronisti e altre starlette televisive, oggi, gestiscono Youtubers e Facebook star. Le immagini, i volti e i tormentoni creati, subiscono il medesimo processo di un tempo e vengono utilizzati per molto altro: film trash, ospitate in disco, libri, album delle figurine e product placement.


Se questo è il mondo che oggi muove i numeri più grossi (in termini di audience) è facile capire come mai molti cantanti, o molti rapper, collaborano con le internet stars. Quindi? Via a pernacchie, rutti e puzzette: Fred de Palma con Sebastian Gazzarrini , Clementino con il Pancio, etc, etc..  In questi rapporti il beneficio è reciproco: visibilità per il cantante, credibilità per lo youtuber. I modelli di business, ovviamente, possono essere i più svariati. vedi sopra.  

Adoro le Internet Stars, ma vogliamo davvero che i nostri cantanti preferiti diventino dei personaggi di Zelig? peggio di Colorado cafè? Le mie orecchie e il mio cuore dicono di no.   

Schermata 2015-09-02 alle 16.56.59 Io e Favij che guarda Irene

Major o Etichette Indipendenti

Questo è il modello più classico. Che sia una major o un’indipendente, l’artista entra in contatto con un network di professionisti capace di farlo crescere e/o di crearne un’immagine, un’identità, gestirne date e comunicazione.

Questo motore, fatto di professionisti del settore, ha bisogno di benzina per girare, ma oggi di benzina ce ne poca perché pochi sono gli album venduti. Se il progetto artistico non si comunica (non vende) da se, i costi di comunicazione e produzione possono schiacciare il progetto. Di certo i soli social non aiutano nell’impresa, specie se l’artista non è innamorato di Facebook o Periscope.

Al fine di tenere in piedi tutta la filiera (e il proprio tornaconto personale) “il cantante” diventa un imprenditore a 360 gradi. Questo spiega perchè alcuni rapper si mettono a produrre brand di vestiti, diventano presentatori TV, sponsor di prodotti e tanto altro. Si chiama brand extension.

L’esempio di riferimento, in questo caso, non può essere altri che Fedez, infatti durante il periodo d’uscita del suo ultimo album Pop-Hoolista, in serie ha fatto: inno Movimento 5 Stelle, copertina Rolling Stone, Youtube Serie Zedef Chronicles, giudice X-Factor, campagna Sislsey, Iena alle Iene, ha litigato qua e là con un paio di persone,  lancio del nuovo disco, lancio dei singoli e dei video, lancio della propria etichetta discografica. Bingo, un mostro!

Schermata 2015-09-02 alle 17.02.29 Qui  sono sempre io (e qualche amichetto) che facciamo scandalizzare Fedez con la pagina NOAITATUAGGI. Ehi anche noi ne sappiamo di populismo!

Musica autoprodotta in crowdfunding (sellaband, musicraiser, and more)

Questo è il modello che preferisco, ma che in realtà non ha ancora preso piedi in modo considerevole. Siti come SellaBend e Musicraiser permettono agli artisti di aprire una pagina, proporre il proprio progetto, mettere in pre-ordine la propria musica, in altre parole vendere qualcosa che ancora non esiste. Raggiunta una soglia minima di fondi raccolti, il progetto entra in produzione: chi ha finanziato riceverà il prodotto.  

Il rapper EGREEN ha da poco lanciato la sua campagna di crowdfunding. segue la video presentazione.




Vedo questo modello perfetto per tutte le mie glorie preferite del hiphop nostrano, quegli artisti leggendari da 50k fan su Facebook. Bacini di utenza ridicoli se confrontanti a “nuovi giovani”, senza carriera e passato, ma con 1 Milione di fan al seguito.
Ecco per tutte queste leggende, per tutti quei gruppi storici che ancora riempiono le serate ma che faticano a far amicizia con le dinamiche di internet odierne, il mio consiglio è: andate in crowdsourcing. Proponeteci un progetto pazzesco, tipo che so “un nuovo disco del Colle der Fomento olografico a casa tua, in oro massiccio, in un cofanetto a forma di lightsaber“, e io – e immagino molti altri come me – sarò del tutto indifferente al prezzo. Take my money, now. 

1928797_47918447157_3842_n Questo sono sempre io con il mio crew Monkey Combos, quella volta che abbiamo aperto al Colle der Fomento (in questo caso non sono ologrammi).

Il Modello delle Aziende

Il modello aziendale è forse il peggior modello presentabile a un rapper o punk anni 90′.
In questo caso, l’artista mira a farsi pagare dall’azienda l’intero prodotto discografico, album, evento o video che sia.
In realtà questo modello è tanto valido tanto quello del crowdfunding. Credo siano questi due i modelli futuri.


Il funzionamento di questo modello è davvero banale: le aziende oggi hanno l’esigenza di parlare su i social, ma diciamoci la verità, nessuno sa mai cosa raccontare, come fai ogni giorno a interessare milioni di persone parlando di biscotti? the o bibite? Aziende sveglie hanno già capito questa cosa e finanziano interi progetti artistici, creando così la loro più riuscita e memorabile campagna di comunicazione. Dalle Adidas dei Run DMC, alla CocaCola di Vasco, fino ai rapper di Redbull, forse musica e azienda non sono poi così male.


Sta agli artisti capire dove, come e perché unire il proprio lavoro a quello di una multinazionale. Per me i risultati oggi sono davvero fighi e indimenticabili: Redbull gli Originali, Redbull Sound Cash, Estathè Market Sound.

Uffici con i poster belli, epici direi. Correva l'anno 2006. #redbull #glioriginali

Una foto pubblicata da @betone in data:


Questa è la foto di un poster-reliquia negli uffici Redbull aMilano

N.B. Questo modello è differente da quello che segue: qui si parla di farsi finanziare l’intero progetto artistico, non di vendere all’azienda uno spazio di comunicazione sul proprio canale Facebook o Twitter (Segue).

Il Modello che non esiste

Il modello di business per la musica che non esiste più è quello che, purtroppo, hanno in testa in molti.

Il sogno composto da: faccio della buona musica, mi impegno e il futuro mi riconoscerà che sono bravo, semplicemente, NON ESISTE

Chi è veramente bravo, chi sta facendo i numeri e vende i dischi, oggi è costretto a vendere anche librerie dell’Ikea o surgelati via Twitter.

http://spesarap.tumblr.com/post/91758289576/risotto-ai-funghi-4-salti-findus-280gr-da

questo è il mio Tumblr, dedicato a tutti i rapper che fanno la spesa al supermercato.


Pensare di produrre un disco e scegliere di NON: darsi un’immagine, una strategia, un’identità, relazionarsi con i fan su i social o è molto romantico o semplicemente pazzo. 
Chiudersi in una grotta non aiuterà mai a far arrivare la propria musica a nuove orecchie.


Tutto questo questo avviene perché i modelli di business, e i tempi, sono cambiati e semplicemente quello che funzionava prima, oggi non funziona più.
Chi fa buona musica oggi deve essere bravo a comunicarsi e a comunicare. L’intero progetto Machete Prod in questo senso ne è un esempio: musica, video, design, illustrazioni, merchandising, comunicazione e strategia. Tutto a regola d’arte. Dal giorno 1. A mio avviso sono il metro di paragone (almeno per quanto riguarda comunicare la musica..)

I @coltivamusica sono l’esempio perfetto di marketing territoriale

Ho incontrato i “Coltivatori di Musica” quest’estate, durante le mie vacanze ad Amantea, paese del Cosentino, che da qualche anno è culla di Guarimba – Film Festival Internazionale.

La Guarimba sta diventando il centro gravitazionale di quella zona della Calabria capace di attirare: turisti da tutto il mondo, illustratori, tanti registi e Vimeo come giuria e partner dell’evento, proprio in questo contesto ho incontrato i Coltivatori di Musica. 

I Coltivatori di Musica propongono un’idea semplice, geniale e al contempo rivoluzionaria: ballano, cucinando gnocchi di patate al sugo di pomodoro di Belmonte. 

Un video pubblicato da @betone in data:

È difficile descrivere l’esperienza che offrono, sono fortissimi: un po’ rock a billy, un po’ Italia anni 50/60, un po’ cuochi, un po’ ballerini, un po’ esperti di marketing territoriale, un po’ kilometro 0, un po’ storytelling, un po’ cucina fatta in casa, un po’ “una l’Italia vista dagli americani“, un po’ per l’identity grafica perfetta e adattissima (dalle brochure ai biglietti da visita), un po’ per i social usati con senso e un po’ per il merchandising spaziale (una presina da forno illustrata + un attrezzo in legno per rigare gli gnocchi). 

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Il filo rosso che collega questo mix pazzesco è il territorio. I ragazzi vengono da Belmonte, paese vicino ad Amantea, riconosciuto per un prodotto davvero prezioso: il tipico pomodoro. Tutto lo show, tutta la cucina, tutta l’idea mira a far conoscere il paese e i suo prodotto principale.

Di lavoro ascolto e cerco idee e questa è sicuramente una delle più forti incontrate ultimamente. È un nuovo modo di vedere l’Italia, è un nuovo modo di comunicare e dare identità ad ogni singolo paese della penisola, è un modo per non ricordare il prodotto locale. 

Spero di avere presto i coltivatori di musica a Brescia magari per il prossimo Pane Web e Salame 6.

Bravi!

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@Vodafoneit ci ha rapito! Aiuto! – lettera dalla prigionia #LiberateGummy

 

Oggi è il 20 Luglio 2015, immaginiamo di essere ancora a Brescia, ma le nostre condizioni non ci permettono di dirlo con certezza.

Questo è un messaggio di aiuto: #LiberateGummy.

Scriviamo questa lettera nei pochi minuti in cui il nostro carceriere, disattento, ci ha permesso di collegarci al mondo esterno.

Siamo un’azienda di una dozzina di persone e siamo stati rapiti diversi mesi fa. Ci pare fosse Marzo, ma i giorni di disconnessione sono tutti uguali, oggi non sappiamo che giorno sia: nemmeno il calendario su i nostri mac riesce a sincronizzarsi.

Al tempo, prima del rapimento, eravamo persone felici e socievoli. Eravamo la bella vicina di casa, spensierata, che tutti vorrebbero avere. Oggi siamo pieni di paure e paranoie, ogni giornata ci sembra uguale, riceviamo messaggi e telefonate criptici, da persone che si identificano solo con Nomi e Sigle: Operatore01, Katia RM, etc.

Giornalmente ci terrorizzano mostrandoci immagini di mostri ancestrali, di violenza inaudita. Eccone un esempio:

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Di tanto in tanto alcune figure entrano nei nostri locali, noi li chiamiamo i “tecnici”. Arrivano da noi, si fermano per qualche ora, borbottano qualcosa, fino a quando tirano fuori cacciaviti e pezzi di fibra. Abbiamo il terrore che intendano usarli contro di noi. Fino ad oggi fortunatamente è stata solo una dimostrazione di forza, una violenza psicologica. Cacciaviti, fibra e borchie sono stati usati solo contro il muro. Al grido di “vi faremo sapere dalla centrale!” oppure “Non è colpa nostra è colpa di Telecom“.

Che centrale? C’è un mandante dietro tutto questo? Chi è questo Sig. Telecom? Siamo terrorizzati.

Seguendo lo spunto dei “tecnici” abbiamo tentato di capire chi ci fosse a capo di tutto. Così abbiamo recuperato tutti gli account twitter del board di Vodafone Italia. Li abbiamo contattati, ma anche in questo caso nessuna risposta, l’omertà più totale sul nostro caso. Se vi capita di incontrarli chiedete a loro di noi: @bcominelli @mancosta64  @de_blasio

Abbiamo provato più volte a invocare aiuto: via Twitter a @vodafoneit, telefono 43432 e via mail. Ma sembra che il nostro carceriere sia molto organizzato e abbia già previsto tutte le possibilità di fuga verso il mondo esterno. Come risposta riceviamo solo vaghi messaggi di aiuto. Ci danno speranza per farci soffrire ancora di più.

La foto che vedete qua sotto è stata scattata oggi, in quel momento di breccia, di libertà, avvenuto questa mattina per un caso fortuito.

Alice mostra una copia de “La Repubblica” con la data di oggi, io una lettera firmata da chi ci tiene in ostaggio, Pietro ha dei marshmallow (ci stiamo alimentando solo di quelli). Giuseppe alla fine è stato legato con un cavo ethernet, Alessandro ha in mano un’arma che abbiamo trafugato, Giorgio cerca di localizzare il nostro luogo, Anna mostra un messaggio: “Aiutoooo”.

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Stiamo cercando di scappare verso Telecom e Fastweb, #liberateGummy.

p.s. Probabilmente questo post travisa leggermente la nostra situazione. Non ci hanno davvero rapiti: stiamo bene e siamo paffutelli. Giuro però che ci sentiamo così.

 

10 trucchi per comunicare a #Brescia

 

10 trucchi per attuare una strategia di comunicazione Bresciana:

1. Come Brand Manager scegli un Marketing Manager –> come Marketing Manager scegli un Sales Manager –> Come Sales Manager scegli un IT Manager. In altre parole: un buon IT Manager / Ingegnere può coprire diversi processi in azienda. Perché prendere 4 persone se te ne basta una? Se è un po’ creativo mettilo anche sulle HR!

2. Se per sbaglio sei costretto a scegliere un laureato in economia o comunicazione come capo marketing/brand, assicurati che sia: tua figlia, tua nipote o una tua parente stretta. Ricorda: è FONDAMENTALE che il marketing manager non abbia alcun budget da spendere. 

3. Sul sito utilizza queste parole,

  • Se sei una ditta di comunicazione: creatività, fuori dagli schermi, innovazione, tecnologia, SEO, copywriting, art director, web marketing
  • Se fai consulenza: team, esperti, professionisti, qualità, progettualità, progettazione, timing, brainstorming, team building, serietà
  • Se vendi cibo: qualità, materie prime, tracciabilità, territorio, bilogico, Kilometro 0, 
  • Se vendi tecnologia: internet, web, innovazione, ricerca e sviluppo
  • Se vendi prodotti: leader di settore, premiati, riconosciuti, design, eccellenze, sostenibilità 

4. Cerca di essere scientifico e criptico: mai semplificare! Le persone non hanno davvero bisogno di capire di cosa tu stia parlando, sono tutti interessati ai dettagli. Chiunque ha molto tempo da dedicarti: non è un problema per nessuno spendere ore a leggere tutto il tuo sito, la tua brochure o la tua pagina Facebook. Un sito fallo con tante pagine e sezioni, sulla tua pubblicità usa un modo di dire interno all’ufficio, nel cartaceo inserisci tutte le funzioni del tuo servizio o prodotto.

5. Se puoi parla della Cina.

6. Utilizza esclusivamente:

  • Foto stock, ottimi siti sono: http://www.shutterstock.com/ (se riesci grabba e ritaglia la fotografia)
  • Siti web già fatti e layout stock, qui per esempio: https://wordpress.org/themes/

7. Web Marketing, oggi, vuol dire SEO. Impara a creare ottimi contenuti per gli spider e i bot di Google. In generale tutta la comunicazione è fatta unicamente da processi tecnici e ripetibili. Punta la tua attenzione a: database di mail da acquistare, SEO, strumenti di posting automatici su social network, newsletter automatizzate etc. Fai comunicare i computer con i tuoi clienti, in questo modo avrai più tempo libero da dedicare al tuo prodotto!

8. Non cercare MAI un’identità distintiva. Se tutte le aziende del tuo settore – del tuo distretto economico – si presentano allo stesso modo vuol dire che funziona. Perché cambiare? perché voler per forza essere diversi?

9. Valuta l’ottimo investimento in spazi pubblicitari locali: giornali, riviste d’affari e/o televisioni.

10. Tavole rotonde, associazioni imprenditoriali, club, lobby, etc. Buttatici a fionda! È il modo più profittevole di comunicare la tua azienda al cliente finale.

11. EXTRA EXTRA EXTRA! Il primo budget consistente di comunicazione riservalo alle tv nazionali e a una buona agenzia creativa “riconosciuta nel settore”.

La tua città è come la mia? Allora aggiungi qua sotto i tuoi trucchi!

 

Scopri perché @Mcdonalds ci ha trollato (e ci siamo cascati tutti)

Le barrette di cioccolato rumene dallo stile americano

Se siete stati studenti miei, o di Alessandro, sicuramente vi avremo fatto vedere il video “The American Rom” del produttore di cioccolato rumeno ROM.

Forse la migliore – o più interessante – campagna digital che io riesca a ricordare. Oggi inizia ad avere la sua età, parliamo di una campagna del 2011, ma i concetti alla base restano comunque attuali e fortissimi.

Rom Chocolate è la barretta al cioccolato più venduta in Romania. Durante la campagna “The American Rom” il packaging del prodotto è stato modificato: tolta la bandiera rumena e applicata la bandiera americana. Così spot TV, radio e banner hanno iniziato a promuovere il gusto rumeno con lo stile americano.

In una Romania del 2010 contraddistinta da crisi economica, disoccupazione giovanile, forte dissenso contro lo stato e voglia di scappare in altri paesi, Rom Chocolate ha causato il polverone: ha smosso gli animi nazionali.

La campagna aveva colpito al cuore delle persone, anche di quelle stanche, stufe e schifate del proprio stato. Nessuno poteva davvero permettere che la barretta simbolo del paese diventasse americana.

Questo ha causato: grande dissenso, manifestazioni, troll su internet etc.. etc..

Fino al momento della scoperta del trucco di comunicazione e il forte abbraccio dell’azienda verso un paese economicamente a pezzi.

L’azione ha regalato:share, passaggi tv, interviste e aumento delle vendite. Rom chocolate oggi è simbolo di unità nazionale.

Gli hamburger americani dal gusto italiano

Ecco noi oggi siamo la Romania e McDonald’s è il nostro Rom Chocolate.

In questo post ho già parlato di quanto sia forte l’emigrazione in alcune professioni e fasce d’età in Italia. Più che fuga di cervelli oggi è proprio fuga e basta.

Su i network i livello di critica a questo paese, alla stato, alla politica alla stagnazione economica è folle. Al punto da fare il giro e tornare all’origine.

Mi spiego meglio: tempo fa per essere “antagonista” dovevi essere uno contro, anti, non andare da McDonald’s, lamentarti di qualsiasi cosa questo paese ti potesse offrire, ascoltare musica undergound  (il rap o il punk) ed essere esterofilo.

Oggi il paradigma è cambiato, quelli che un tempo erano “antagonisti” oggi sono di moda/mainstream e si chiamano Hipster. Oggi per essere davvero controcorrente – probabilmente – conviene essere pro-qualcosa: pro-McDonald’s, pro-Italia, pro-rapper mainstream e tentare di restare nel paese in cui sei nato. Questo è essere davvero un anti-anti, no? 

Ecco tutto questo lo Stato, la politica, faticano a capirlo, McDonald’s no.

Dopo aver inanellato una serie di vittorie di comunicazione come La colazione in pigiama (a sola una settimana dallo “scandalo” della sponsorizzazione a EXPO MILANO 2015) e Single Burger, ieri l’azienda mette online questa pubblicità (rimossa solo poche ore dopo).

Il resto lo sapete: l’Italia è andata in corto circuito. Un bambino in una pubblcità della cattiva multinazionale americana ha detto che preferisce un happy meal a una pizza? Ed è subito scandalo, rivolta, video, status update etc etc…

Proprio come un una commedia del reale, proprio come Rom.

Il succo è questo

Personalmente non mi hanno colpito i video di politici, i commenti degli chef della trattoria all’angolo, i blog post dei food-blogger al tofu, gli annunci tv, la parola SCANDALO scritta in capslock e tutte le analisi di #EPICFAIL dei socialguru. Tutto questo immagino fosse progettato e calcolato.

Quello che mi ha colpito è leggere commenti (chi pro, chi contro) di tutti quei miei amici che oggi sono in altre peasi, in fuga da questo posto malato. Siamo tutti caduti nel trabocchetto comunicativo dell’azienda con il logo con “le due collinette d’oro” (-cit, vedi sotto). Io per primo, con questo post.

In un clima di totale ribrezzo verso noi stessi, la comunicazione di McDonald’s, ad oggi, è l’unica che è riuscita a colpire al cuore di tutti. L’ha fatto passando per la nostra bandiera nazionale: la pizza.

Bravi e tanta invidia per aver fatto una campagna del genere!

p.s. Finalmente è arrivata l’era del Troll-Marketing, e io sono qui ad accoglierla a braccia aperte 🙂