@Vodafoneit ci ha rapito! Aiuto! – lettera dalla prigionia #LiberateGummy

 

Oggi è il 20 Luglio 2015, immaginiamo di essere ancora a Brescia, ma le nostre condizioni non ci permettono di dirlo con certezza.

Questo è un messaggio di aiuto: #LiberateGummy.

Scriviamo questa lettera nei pochi minuti in cui il nostro carceriere, disattento, ci ha permesso di collegarci al mondo esterno.

Siamo un’azienda di una dozzina di persone e siamo stati rapiti diversi mesi fa. Ci pare fosse Marzo, ma i giorni di disconnessione sono tutti uguali, oggi non sappiamo che giorno sia: nemmeno il calendario su i nostri mac riesce a sincronizzarsi.

Al tempo, prima del rapimento, eravamo persone felici e socievoli. Eravamo la bella vicina di casa, spensierata, che tutti vorrebbero avere. Oggi siamo pieni di paure e paranoie, ogni giornata ci sembra uguale, riceviamo messaggi e telefonate criptici, da persone che si identificano solo con Nomi e Sigle: Operatore01, Katia RM, etc.

Giornalmente ci terrorizzano mostrandoci immagini di mostri ancestrali, di violenza inaudita. Eccone un esempio:

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Di tanto in tanto alcune figure entrano nei nostri locali, noi li chiamiamo i “tecnici”. Arrivano da noi, si fermano per qualche ora, borbottano qualcosa, fino a quando tirano fuori cacciaviti e pezzi di fibra. Abbiamo il terrore che intendano usarli contro di noi. Fino ad oggi fortunatamente è stata solo una dimostrazione di forza, una violenza psicologica. Cacciaviti, fibra e borchie sono stati usati solo contro il muro. Al grido di “vi faremo sapere dalla centrale!” oppure “Non è colpa nostra è colpa di Telecom“.

Che centrale? C’è un mandante dietro tutto questo? Chi è questo Sig. Telecom? Siamo terrorizzati.

Seguendo lo spunto dei “tecnici” abbiamo tentato di capire chi ci fosse a capo di tutto. Così abbiamo recuperato tutti gli account twitter del board di Vodafone Italia. Li abbiamo contattati, ma anche in questo caso nessuna risposta, l’omertà più totale sul nostro caso. Se vi capita di incontrarli chiedete a loro di noi: @bcominelli @mancosta64  @de_blasio

Abbiamo provato più volte a invocare aiuto: via Twitter a @vodafoneit, telefono 43432 e via mail. Ma sembra che il nostro carceriere sia molto organizzato e abbia già previsto tutte le possibilità di fuga verso il mondo esterno. Come risposta riceviamo solo vaghi messaggi di aiuto. Ci danno speranza per farci soffrire ancora di più.

La foto che vedete qua sotto è stata scattata oggi, in quel momento di breccia, di libertà, avvenuto questa mattina per un caso fortuito.

Alice mostra una copia de “La Repubblica” con la data di oggi, io una lettera firmata da chi ci tiene in ostaggio, Pietro ha dei marshmallow (ci stiamo alimentando solo di quelli). Giuseppe alla fine è stato legato con un cavo ethernet, Alessandro ha in mano un’arma che abbiamo trafugato, Giorgio cerca di localizzare il nostro luogo, Anna mostra un messaggio: “Aiutoooo”.

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Stiamo cercando di scappare verso Telecom e Fastweb, #liberateGummy.

p.s. Probabilmente questo post travisa leggermente la nostra situazione. Non ci hanno davvero rapiti: stiamo bene e siamo paffutelli. Giuro però che ci sentiamo così.

 

Scopri perché @Mcdonalds ci ha trollato (e ci siamo cascati tutti)

Le barrette di cioccolato rumene dallo stile americano

Se siete stati studenti miei, o di Alessandro, sicuramente vi avremo fatto vedere il video “The American Rom” del produttore di cioccolato rumeno ROM.

Forse la migliore – o più interessante – campagna digital che io riesca a ricordare. Oggi inizia ad avere la sua età, parliamo di una campagna del 2011, ma i concetti alla base restano comunque attuali e fortissimi.

Rom Chocolate è la barretta al cioccolato più venduta in Romania. Durante la campagna “The American Rom” il packaging del prodotto è stato modificato: tolta la bandiera rumena e applicata la bandiera americana. Così spot TV, radio e banner hanno iniziato a promuovere il gusto rumeno con lo stile americano.

In una Romania del 2010 contraddistinta da crisi economica, disoccupazione giovanile, forte dissenso contro lo stato e voglia di scappare in altri paesi, Rom Chocolate ha causato il polverone: ha smosso gli animi nazionali.

La campagna aveva colpito al cuore delle persone, anche di quelle stanche, stufe e schifate del proprio stato. Nessuno poteva davvero permettere che la barretta simbolo del paese diventasse americana.

Questo ha causato: grande dissenso, manifestazioni, troll su internet etc.. etc..

Fino al momento della scoperta del trucco di comunicazione e il forte abbraccio dell’azienda verso un paese economicamente a pezzi.

L’azione ha regalato:share, passaggi tv, interviste e aumento delle vendite. Rom chocolate oggi è simbolo di unità nazionale.

Gli hamburger americani dal gusto italiano

Ecco noi oggi siamo la Romania e McDonald’s è il nostro Rom Chocolate.

In questo post ho già parlato di quanto sia forte l’emigrazione in alcune professioni e fasce d’età in Italia. Più che fuga di cervelli oggi è proprio fuga e basta.

Su i network i livello di critica a questo paese, alla stato, alla politica alla stagnazione economica è folle. Al punto da fare il giro e tornare all’origine.

Mi spiego meglio: tempo fa per essere “antagonista” dovevi essere uno contro, anti, non andare da McDonald’s, lamentarti di qualsiasi cosa questo paese ti potesse offrire, ascoltare musica undergound  (il rap o il punk) ed essere esterofilo.

Oggi il paradigma è cambiato, quelli che un tempo erano “antagonisti” oggi sono di moda/mainstream e si chiamano Hipster. Oggi per essere davvero controcorrente – probabilmente – conviene essere pro-qualcosa: pro-McDonald’s, pro-Italia, pro-rapper mainstream e tentare di restare nel paese in cui sei nato. Questo è essere davvero un anti-anti, no? 

Ecco tutto questo lo Stato, la politica, faticano a capirlo, McDonald’s no.

Dopo aver inanellato una serie di vittorie di comunicazione come La colazione in pigiama (a sola una settimana dallo “scandalo” della sponsorizzazione a EXPO MILANO 2015) e Single Burger, ieri l’azienda mette online questa pubblicità (rimossa solo poche ore dopo).

Il resto lo sapete: l’Italia è andata in corto circuito. Un bambino in una pubblcità della cattiva multinazionale americana ha detto che preferisce un happy meal a una pizza? Ed è subito scandalo, rivolta, video, status update etc etc…

Proprio come un una commedia del reale, proprio come Rom.

Il succo è questo

Personalmente non mi hanno colpito i video di politici, i commenti degli chef della trattoria all’angolo, i blog post dei food-blogger al tofu, gli annunci tv, la parola SCANDALO scritta in capslock e tutte le analisi di #EPICFAIL dei socialguru. Tutto questo immagino fosse progettato e calcolato.

Quello che mi ha colpito è leggere commenti (chi pro, chi contro) di tutti quei miei amici che oggi sono in altre peasi, in fuga da questo posto malato. Siamo tutti caduti nel trabocchetto comunicativo dell’azienda con il logo con “le due collinette d’oro” (-cit, vedi sotto). Io per primo, con questo post.

In un clima di totale ribrezzo verso noi stessi, la comunicazione di McDonald’s, ad oggi, è l’unica che è riuscita a colpire al cuore di tutti. L’ha fatto passando per la nostra bandiera nazionale: la pizza.

Bravi e tanta invidia per aver fatto una campagna del genere!

p.s. Finalmente è arrivata l’era del Troll-Marketing, e io sono qui ad accoglierla a braccia aperte 🙂

Se Facebook è il Matrix, Tsū è Morpheus?

Disclaimer

Questo blog solitamente non parla delle mode tecnologiche del momento, dell’hype da startup o della fuffa del glorioso paese dell’internet, oggi però, farò un’eccezione. Oggi vi parlo di Tsū: un social network che conosco da ben 7 ore. Un social network che dice di pagare ogni utente per i contenuti pubblicati.

Per spiegarvi Tsū devo spiegarvi Facebook, per chi ha già scrollato il post è l’ha considerato TLTR  vi metto il nocciolo della questione in bold in fondo al post! ok?

Il Matrix (Facebook)

Qualche tempo fa dicevo che Facebook sarebbe morto o che sarebbe diventato la televisione. Beh a quanto pare ha vinto la seconda ipotesi.

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Facebook è quel mostro blu che ci ha catturati tutti. Ogni giorno 1,4 miliardi di persone (Feb 2015) vivono la propria giornata attraverso uno schermo. Leggiamo il mondo, la realtà, attraverso i risultati dell’algoritmo di una piattaforma pubblicitaria (mi ricorda un po’ la televisione commerciale italiana anni 80/90′).

Tutto questo a mio avviso crea delle distorsioni assurde nella percezione delle notizie, delle informazioni e dei dati che regolano il nostro universo.  La mia bacheca è un susseguirsi di: gattini, stragi, morti-ammazzati, tette, odio razziale, lego, promozioni, EXPO, tattoo, sconti, post che indagano l’importanza della serp di Google, “fai like per il si, commenta per il no”, il “ROI dei social media” e singoli di Fabri Fibra.

Fra i vari problemi, per esempio, non riesco più a capire la differenza tra un politico – che so, per dirne uno, Salvini – e un troll – che so, per dirne uno, Dan Bilzerian – non aiuta a far chiarezza nemmeno sapere che uno dei due è stato sospeso da Facebook.

In mezzo a tutto questo delirio ho la sensazione di perdermi alcuni contenuti di valore perchè non sono stati condivisi da una grossa massa di utenti o perchè non sono stati messi sotto advertising da qualcuno.

Oltre a essere telespettatori siamo anche autori.

Come autori televisivi anni 80/90′ abbiamo capito che quello che funziona bene su questo network è il trash oppure il bombardamento pubblicitario. In altre parole oggi: se sei un’azienda, se sei il compagno di classe introverso oppure semplicemente una persona riservata, mettiti il cuore in pace, nessuno leggerà mai i tuoi contenuti.

Anche nel caso più fortunato in cui il tuo contenuto sia: bello, di valore, condiviso e apprezzato da tutti, tu, comunque, non percepirai alcun guadagno.

In sostanza possiamo solo dare: i nostri dati, le nostre preferenze, le nostre reti, i nostri contenuti migliori. Queste è ciò che tiene in vita la grossa “matrice di numeri” che ci alimenta e che alimentiamo.

Morpheus raccontava il Matrix a Neo così:

« Matrix è ovunque. È intorno a noi. Anche adesso, nella stanza in cui siamo. È quello che vedi quando ti affacci alla finestra, o quando accendi il televisore. L’avverti quando vai a lavoro, quando vai in chiesa, quando paghi le tasse. È il mondo che ti è stato messo davanti agli occhi per nasconderti la verità. »

Tsū (Morpheus)

Tsū potrebbe essere il nostro Morpheus? Settimana prossima ne parleremo ancora? Non ne ho idea.

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Questa startup newyorkese, di 20 mesi di vita e 7 milioni di finanziamento già incassati, propone un nuovo modello sul mercato dei social: pagare gli utenti per i contenuti pubblicati. Più i tuoi contenuti sono buoni, commentati, “likati” e condivisi più accumuli soldi sul tuo account. Ogni profilo ha due sezioni per tracciare l’andamento della tua presenza online: Bank e Analytics.

Bank
Bank
Analytics
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Inoltre la piattaforma implementa già tutte le classiche dinamiche di Facebook e Twitter, gestendo così: Follower e amici, like e share, commenti e media diversi. Le regole su i contenuti, secondo questo utente, sono abbastanza rigide:

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Per finire, alcune pagine implementano il tasto “Transfer Funds”: un’ottima idea per trasferire fondi come donazione (oppure in futuro per poter comprare/pagare oggetti e servizi a singole aziende o tra privati).

Schermata 2015-04-13 alle 23.53.45Qui, in un’intervista a FOX Business, il founder Sebastian Sobczak parla un po’ di questa feature, dell’idea principale dietro alla sua startup e ipotizza qualche ritorno economico per gli utenti.

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Con altissima probabilità Tsū è fuffa ma trovo interessante l’utopia proposta da Sebastian. A dire il vero non sono nemmeno certo che questa sia la strada per il “bene” ma sicuramente è una strada nuova, che potrebbe:

  • Ricompensare chi produce contenuti di valore
  • Migliorare la qualità dei contenuti dell’intera piattaforma (o dimostrare che all’umanità interessano solo i gattini e morti-ammazzati)
  • Dare un senso a tutte le vanity metrics come: like, share, numero di follower
  • Dare pari visibilità a grandi aziende (con tanti capitali da spendere in advertising) e piccole aziende che potrebbero sperimentare idee e contenuti nuovi e assurdi per farsi trovare
  • Permettere all’intera rete di fare del bene, devolvendo i ricavati di tutto l’overload informativo che tutti i giorni produciamo
  • Dare una risposta sana alla domanda “Quanto vale il ROI dei social media?”
  • Permettermi di comprare il nuovo disco di Marracash pagandolo con noiosi post di marketing

La bad news sono che, al momento, Tsū viene utilizzato dagli utenti a mo’ di struttura piramidale (si può guadagnare anche invitando altre persone), ha contenuti simili al compro-oro-diventa-ricco-con-internet-in-5-facili-mosse, è buggato e le applicazioni mobile sono davvero bruttarelle.

Se vuoi provarlo l’invito è qui, attraverso il mio account. Ricorda anche la proposta di Morpheus:

È la tua ultima occasione, se rinunci non ne avrai altre. Pillola azzurra, fine della storia: domani ti sveglierai in camera tua, e crederai a quello che vorrai. Pillola rossa, resti nel paese delle meraviglie, e vedrai quant’è profonda la tana del bianconiglio. Ti sto offrendo solo la verità, ricordalo. Niente di più.

Riassunto per chi non ha letto il post perchè TLTR:

Facebook mi fa paura mentre Tsū sembra essere proprio l’idea che Google+ non ha avuto. Google ha preferito aggiungere il cappello da pirata a hangout piuttosto che collegare il magico-tubo di Adsense a tutti i profili del network.

Come fare community? L’abbiamo chiesto a 12 persone capaci

Quest’estate io e Alessandro abbiamo tenuto un workshop di un paio di settimane a Catania, all’interno del master universitario di Abadir dal titolo: Relational Design.

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Abbiamo dedicato l’intero workshop a progettare, definire e realizzare delle community online assieme agli studenti. Sullo slideshare di Gummy Industries trovate tutte le lezioni che abbiamo preparato.

Oltre alle lezioni frontali e ai progetti, abbiamo deciso di arricchire ogni giornata del master con un’intervista. Abbiamo invitato a raccontare la propria storia persone molto diverse tra loro ma che in comune hanno il fatto di aver costruito una community di successo.

Questo post vuole ringraziare tutti gli amici, i clienti e i colleghi che ci hanno concesso il loro tempo e si sono resi disponibili a rivelare i propri “segreti”.

Di seguito la lunga lista delle community incontrate: c’è sicuramente qualcosa che interessa anche a te!

1. Francesca De Gottardo – SvegliaMuseo

Francesca De Gottardo ha lavorato in Gummy Industries, dove tra un progetto e l’altro ha creato SvegliaMuseo, oggi la community più importante in Italia riguardante: cultura, comunicazione e social media.

2. Sebastian Zimmerhackl

Sebastian è un artista che lavora con le community su Facebook, tra le altre cose. Negli ultimi mesi ha aperto più di 100 gruppi tematici su Facebook, facendo crescere delle community segrete. Raggiunta una certa soglia di interazione, le apre a tutti.

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3. Giuseppe Angelo Fiori – Il coinquilino di merda

Giuseppe ha creato la pagina Facebook “Il coinquilino di merda“, una delle pagine più consistenti degli ultimi anni.

4. Piero Rivizzigno – Glossom

Piero ha creato un intero social network per creativi, da zero. È l’unica persona che conosco che sia riuscito in un’impresa del genere. E Glossom è vivo e attivo, a quasi dieci anni dalla sua nascita.

5. Tommaso Pozza – Il milanese imbruttito

Beh, “Il milanese imbruttito” lo conoscete tutti. L’intervento di Tommaso, uno dei tre creatori della pagina Facebook, è stato veramente interessante: ci ha parlato di come trasformare una community su Facebook in un un progetto editoriale che si espande su più piattaforme (incluso un blog).

6. Alessandro Cinelli – WebdeBs

WebDeBs è la community di programmatori, designer e appassionati di web che abbiamo contribuito a creare e che ci ha accompagnato negli ultimi cinque anni. Alessandro Cirpo Cinelli è la forza trainante della community, la persona che ha contribuito a fondare e a mantenere vivo il gruppo.

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7. Giulio Vita – La Guarimba film festival internazionale

Giulio Vita è la forza della natura che sta dietro a tutto il progetto La Guarimba Film Festival. In soli 2 anni Giulio è stato in grado di proporre due edizioni del film festival internazionale, creare una community di appassionati al cinema e al suo progetto, inoltre ha portato persone da tutto il mondo in Calabria. In questo talk ci racconta come ha fatto a ispirare le persone.

8. Manuel Natale – #Noaitatuaggi

Manuel Natale è l’ideatore della cattivissima e tanto amata/odiata pagina Facebook #noaitatuaggi. Nell’intervista ci racconta il perchè, il come e le reazioni migliori raccolte nei mesi di attività.

9. Antonio Moro – Lega Nerd

Antonio ‘Itomi’ Moro di Lega Nerd è Antonio ‘Itomi’ Moro di Lega Nerd; probabilmente se hai internet sai già che cos’è Lega Nerd. Un ringraziamento speciale a Antonio che ci ha regalato un intervento approfondito, ricco di spunti grazie ai quali ci ha dato un’idea chiara e dettagliata riguardante la creazione della prima community di Nerd Italiani.

10. Bruna Bottone – The voice of Italy (Rai)

Bruna Bottone ha seguito la comunicazione digital di The Voice of italy, uno dei programmi di maggior successo del palisensto Rai. In questa intervista Bruna ci racconta come i meme hanno divertito tutti gli spettatori/follwer del format.

11. Marco Palermo – Roba da Donne

Marco Palermo è un amico, qualche anno fa, con altri soci ha deciso di creare la pagina Facebook Roba Da donne. Oggi una delle community più grandi su Facebook/Italia. Roba da donne conta +1,5 Milioni di fan e una miriade di progetti collaterali: blog, merchandising, eventi..

12. Stefano Veronesi – Ducati

Stefano Veronesi ci ha raccontato di un progetto Ducati legato alla comunicazione digital dei retail del marchio.

Pane Web e Salame 5: fare soldi con internet.

Siamo a un mese esatto da “Pane web e salame 5:  fare soldi con internet Utilizzare i social network per vendere di più in negozio“.

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Eventbrite - Pane, Web e Salame 5: Fare soldi con internet

Per questa quinta edizione abbiamo scelto un titolo forte, volutamente provocatorio, perché quest’anno vogliamo parlare di retail: dei nostri cari vecchi negozi fisici. Oggi, nella nostra città ne stanno chiudendo a decine, nella vostra? 

Internet sta cambiando il modo di fare business: alcuni e-commerce hanno crescite di fatturato a doppia o tripla cifra. In questo scenario è ancora possibile sviluppare un business commerciale su punto vendita fisico? Oppure è meglio cambiare strada? Un tema molto importante per noi, che completa perfettamente le osservazioni dell’articolo di Riccardo Staglianò apparso quest’estate su la Repubblica dal titolo: Il web sta uccidendo la classe media?

Fare soldi con internet, per noi e per PWES5, significa: capire, discutere e farci raccontare da retail, aziende e organizzazioni come si può utilizzare internet per riportare la gente in negozio.

Come ogni anno abbiamo ricercato casi veri e persone che realmente possono snocciolare risultati, soluzioni e numeri. Nessuna formula magica, solo lavoro e nuove idee. Il migliore professore, a nostro avviso, non è mai il Guru ma l’esperienza di chi ci è passato.

Il titolo fa arrabbiare i veterani dell’internet? Poco ci interessa, l’economia e i mercati globali parlano chiaro: chi riesce a fare numeri va avanti, chi non li fa chiude. #bastacazzate.

PWES quest’anno è all’interno di un contenitore più ampio il festival supernova una due giorni di incontri su innovazione, creatività e digital a Brescia.

PWES anche quest’anno è talk, cibo e networking – il tutto, come sempre, gratis.  

p.s. A breve pubblicheremo la lista completa dei talk e dei casi che sentirete durante la giornate del 3 Ottobre.